In relazione al futuro gestionale della Casa da gioco di Saint Vincent, gli studi che erano stati affidati alla Finaosta Spa concludevano, mi pare, con due soluzioni: continuità o in concessione al privato.
Il disciplinare, che ho potuto consultare e che credo in corso di validità sino al 2033, tratta del cambio assegni, un'attività che in ogni caso deve essere esercitata dal gestore che non può delegarla a terzi. Come si legge nell’attuale articolo 4.
Il successivo articolo 5 termina in un modo che non posso condividere se non nell’ipotesi di gestione in concessione, non solo per il mio passato lavorativo ma anche scolastico. Al proposito ricordo, avendo lavorato al tempo della gestione privata sino al 30 giugno 1994, che, a fronte di un servizio che il gestore forniva correndo il rischio di cui all’articolo 1933 del Codice civile, riceveva dal concedente un contributo forfetario ma a determinate condizioni.
Tra queste ricordo, senza esserne sicuro al cento per cento, l’importo di detto contributo non lo cito a causa della insicurezza, imponeva che ai controllori regionali in servizio al Casinò venissero fornite le notizie dei versamenti relativi agli assegni della clientela. La motivazione mi pare evidente così come per quanto al contributo. Infatti non si può negare che ad un rischio per una sola parte (il concessionario) corrispondeva la percentuale invariata della tassa di concessione con il beneficio certo solo per l’altra parte (il concedente). Ma non è provato che non esistano altre soluzioni alla problematica appena accennata.
Come in altre occasioni è stato possibile un mio accenno in merito, non per questo desidero ergermi a conoscitore delle norme vigenti nello specifico argomento, potrei avanzare che una sorta di patto leonino non si potrebbe accettare.
Desidero non omettere a questo punto che la ragione di quanto precede può trovarsi nel fatto che l’imprenditore privato si permette un rischio superiore al gestore pubblico che, senza desiderare di emettere giudizi e/o impressioni sulla diversità dei ruoli, non potrebbe permettersi.
Ma per quale motivo mi sono addentrato su un tema che potrebbe non essere trattato nel caso che la scelta cadesse sulla continuità di gestione? Perché trattasi di un argomento che potrebbe essere discusso in quanto la seconda eventualità gestionale è, al momento e per quanto ne conosco, all’ordine del giorno quando se ne discuterà in sede di consiglio regionale.
A ben vedere la differenza più rilevante tra le due soluzioni si può condensare con la destinazione del risultato del bilancio di esercizio. Nel caso della gestione in continuità è innegabile che la percentuale che il gestore pubblico versa al concedente riveste un significato modesto in quanto l’utile è a beneficio dell’azionista; nel caso di concessione al privato la percentuale sugli introiti sarà più alta, l’utile è a beneficio del concessionario.
Poi, forse, passerò all’esame delle altre definizioni in contratto che mi interessano per rilievi indipendenti dalla mia esperienza lavorativa.