Di seguito espongo, relativamente al Casinò di Campione d’Italia, introiti totali, introiti slot e quota di mercato dal 2007 al 2017.
2007 113.364.979, 72.401.868, 22,02%; 2008 121.061.245, 77.163.223, 24,47%; 2009 117.928.448, 73.504.491, 25,63%, 2010 113.517.190, 73.038.072, 25,65%; 2011 108.900.116, 70.292.591; 2012 90.775.912, 60.770.021, 27,33%; 201390.206.877, 29,26%; 2014 90.568.463, 60.780.815, 30,50%; 2015 95.037.361, 64.798.346, 31,89%; 2016 92.823.586, 66.383.525, 31,71%; 2017 91.150.277, 64.145.136, 32,11%.
La mia opinione sul quantum che la gestione pubblica della casa da gioco versa al proprietario concedente e che ho recentemente espresso è collegato al fatto che il risultato di bilancio, rimanendo a disposizione dell’azionista (immagino unico nel caso di specie), consente al Comune una destinazione sulla scorta delle necessità ad iniziare dalla continuità della gestione in atto.
Dopo aver letto l’articolo del 27 giugno su Campione è arrivata la curiosità a spingermi a cercare notizie dell’epoca. Eccomi alla ricerca di articoli di stampa e non dei bilanci che non possono dirmi nulla di nuovo di quanto era facilmente immaginabile: il casinò non poteva più sostenere economicamente il Comune.
Se negli anni d’oro la casa da gioco incassava sino a 180 milioni di franchi e circa 40 andavano al Comune con il calo di detto contributo ad un fisso di 25 milioni è sempre più difficile raggiungere il pareggio di bilancio particolarmente dal 2011 e seguenti ovvero da quando, più o meno, è iniziata la fase calante.
Desidero evidenziare che gli importi precedentemente riportati sono espressi in euro anche per renderli maggiormente riscontrabile in ordine al cambio franco/euro di cui si è parlato molto a suo tempo.
Probabilmente non è tanto il fatto che il casinò non produce utili anche dopo il calo degli occupati, quanto che l’utile prodotto non è più sufficiente per finanziare il Comune e pagare il fisso dovuto.
Il cambio franco euro mi pare sino al 2009 avrebbe potuto semplificare la vita economica del Comune, poi non fu più così.
Se la proprietà concedente ha l’obbligo e il dovere di garantire l’equilibrio della gestione in qualunque tipologia si debba operare come spesso mi trovo a sostenere questa è, a mio avviso, la parte più difficile.
Nel caso di Campione avrebbero, forse, dovuto agire in questo modo. Purtroppo non è un comportamento semplice da seguire e mantenere, una condotta che in tempo di “vacche grasse” può anche essere sostenuta ma poi arriva sempre il difficile, come è avvenuto, nel mercato di riferimento.
Spero che ne possano uscire bene dopo tutto quello che hanno passato. Ho desiderato ricordare un sito dove sono stato per riunioni sindacali all’epoca di cari amici che non ci sono più, tra tutti Artorige e Sergio.
Purtroppo, come ci avverte il proverbio, la lingua batte dove il dente duole. Avendo vissuto quei tempi lontani quanto al casinò di Saint Vincent furono introdotti i giochi americani, non faccio eccezione raccomandando la massima attenzione. Stante il momento aggiungo cautela nello stabilire contrattualmente tra concedete e concessionario, la percentuale applicabile al versamento del quantum dovuto al primo soggetto per la concessione della gestione della casa da gioco.
Al tempo stesso, anche per quanto appena citato, non posso esimermi da raccomandare un periodo o i periodi dopo i quali si procederà alla revisione della percentuale sulla scorta dei risultati relativi ai proventi e ai costi di gestione.
Ed ecco, senza averlo voluto, il ritorno alla rilevanza del controllo sia sulla regolarità del gioco che degli incassi della quale, che unitamente ad altro non mi compete rammentare in questa occasione, ritengo un compito della massima importanza.
Forse ci sarà chi si chiede per quale motivo ho evidenziato l’importo dei proventi slot accanto ai totali ed alle quote di mercato. Il fatto, a mente i miei ragionamenti probabilmente trascinati dalla lontana conclusione della nota questione fiscale dei croupier delle case da gioco italiane, un motivo lo si può agevolmente trovare nell’incidenza dei proventi slot sul totale complessivo.
A prescindere dall’aritmetica, non mi pare che l’incidenza di cui trattasi possa smentire la sensazione di quanto i giochi da tavola pesano sul totale dei ricavi netti, ovvero senza conteggiare la parte delle mance.
Ne seguono due ulteriori considerazioni: la prima è che le mance possono pacificamente essere considerate un ristoro dei costi del personale e la loro consistenza in percentuale indica la tipologia della frequentazione.
Se, poi, esponiamo ad attenta osservazione i tipi di giochi da tavolo praticati e i minimi di giocata, se esiste o meno un privé, abbiamo a disposizione altri elementi utili sia per il concessionario che per il concedente.
La seconda si rivolge alla composizione dei costi che non possono ignorarsi nell’esame dei proventi slot e che, considerando ogni elemento nell’insieme, portano ad un raffronto approfondito ma, a mio parere, sempre favorevole ai giochi da tavolo.
Chiaramente nessun gestore può pretendere di imporre l’offerta di giochi e dei servizi a questi collegati, alla considerazione degli investimenti senza riflettere sul loro impatto sulla domanda e, conseguentemente, sul loro ritorno. Ciò non toglie che una gestione, sia pubblica che privata, non consideri una problematica tanto complessa che, in ultima analisi, porta irrimediabilmente il Concedente a porsi gli interrogativi e le nozioni accennate nell’intervento che, magari in ordine sparso, ho tentato di narrare.