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Quantum fisso non convenzionale, alla radice della crisi del Casinò Campione

27 giugno 2025 - 12:25

Nel decennio 2007 – 2017 le performance del Casinò di Campione d'Italia sono state superiori alla media del mercato. Come mai una crisi che ha portato al fallimento, per quanto revocato?

Scritto da Amr
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“Il fallimento del Casinò di Campione d'Italia, dichiarato il 27 luglio del 2018”, rappresenta, “per gravità e opacità”, a tutt'oggi “una ferita aperta nella legalità e nella sovranità italiana”. Lo segnala, in una comunicazione al ministero dell'Interno, la Fiamma tricolore di Como, secondo il cui segretario organizzativo Carlo Russo “i dati smentiscono la crisi”- Eccoli qui: “nel 2017, le quattro case da gioco italiane hanno registrato i seguenti incassi: Campione d’Italia 91,15 milioni di euro, Venezia 90,59, Saint-Vincent   57,34, Sanremo 44,79”, per un totale di 283,8 milioni di euro.

Un recente intervento di una parte politica comasca ha sottolineato come alla fine sia fallito quello che in quel momento era il primo casinò d’Italia.
Fallimento comunque frutto di un vizio nel processo giudicante al punto che oggi, giuridicamente, è come se non fosse mai avvenuto. Ma, viene sottolineato con forza nell’intervento politico, nei fatti la vicenda ha creato enormi problematiche al territorio.

È vero, come sottolineato dall’attestatore del piano in continuità omologato dal tribunale Stefano D'Amora, che la performance di mercato è stata la migliore per un intero decennio (2007-2017) e ha portato il Casinò di Campione a realizzare lo storico “sorpasso” su quello di Venezia. La flessione del Casinò di Campione, in quel decennio di crisi, è stato del 20 per cento, rispetto al 50 per cento del settore. Questo significa aver portato ben oltre 100 milioni di euro di fatturato aggiuntivo, rispetto alla media di settore. Ad esempio nel 2015, il fatturato del Casinò di Campione, seguendo il trend di settore, avrebbe dovuto essere di circa 60 milioni di euro, mentre invece raggiunse i 95 milioni di euro: oltre 30 milioni in un solo anno di fatturato aggiuntivo.
Complessa l'analisi per comprendere le ragioni del fallimento (revocato).
Illuminante per tentare una ricostruzione è l’analisi di Maurizio Bruschi, commissario nominato dal ministro degli Interni del tempo.

Il commissario considerò impraticabile la riapertura del Casinò, suggerendo, come ipotesi inizialmente non prevista, la privatizzazione del Casinò stesso. La sua relazione venne però finalizzata quando il governo era caduto e vi era un nuovo ministro degli Interni, diverso da quello che gli aveva richiesto la relazione stessa.

Caposaldo del lavoro di Bruschi sono le valutazioni che stroncano la gestione della società, la cui fonte è una due diligence realizzata nel secondo semestre del 2017. La relazione Bruschi cita infatti la “cattiva gestione complessiva della società, come è facile dedurre dal documento di due diligence commissionato dalla società per azioni nei mesi precedenti alla dichiarazione di fallimento." 

Infatti, questo documento assume rilevanza centrale anche per quanto riguarda la promozione del procedimento di fallimento.
Ma la due diligence che descriveva un’azienda decotta (non la migliore in Italia come performance di mercato positive da un decennio), incapace di generare flussi di cassa positivi, presenta una forte criticità.
In effetti, come nota sempre D’Amora, i bilanci di un Casinò hanno una particolarità fondamentale: “Si vede agevolmente che il contributo al Comune di Campione d’Italia nei bilanci viene contabilizzato come diretta riduzione dei ricavi”.

Uscendo dalla dimensione ragionieristica della redazione del bilancio, ma entrando nella dimensione dell’analisi, i dati di bilancio vanno presi come fonte di dati che diano delle indicazioni di valore strategico.
In particolare, fondamentale per valutare l’andamento aziendale è nel caso del Casinò di Campione un margine (Ebitda) che, partendo dal fatturato aziendale complessivo, faccia capire quali flussi di cassa positivi possano essere indirizzati annualmente verso Comune e Stato (Isi).
Non potendo addentrarci in eccessivi tecnicismi, prendiamo un esempio per tutti. Nella due diligence relativa all’anno 2015. Il fatturato aziendale viene indicato in circa 68 milioni di euro e non in circa 95 come è stato nella realtà.

L’analisi porta quindi a descrivere un’azienda in stato di decozione, incapace di generare flussi positivi, e non un’azienda che, con un’Ebitda al 21 percento, ha resistito al “crollo” del cambio euro/franco svizzero (soprattutto in quell’anno) in modo positivo, creando flussi positivi per oltre 20 milioni di euro.
Si può dire positivo perchè questi sono i parametri per valutare l’Ebitda:  tra il 10 e il 15 percento discreto risultato; tra il 15 e il 20 percento buon risultato; superiore al 20 percento formula imprenditoriale vincente; sono aziende che eccellono nel loro settore per tecnologia, marketing, servizio o per altri elementi particolarmente distintivi.

Ma quel documento, essendo di fonte aziendale, ha sicuramente avuto un valore fondamentale, condizionando probabilmente molte scelte successive. Quei 26 milioni di euro di fatturato aziendale mancanti, come punto di partenza delle analisi, stravolgono completamente qualsiasi risultato delle analisi stesse.
Ad ogni modo, come risulta dal lavoro dell’attestatore del piano in continuità, sarebbe stato preferibile approvare quel piano di ristrutturazione del debito del 2018, ispirandosi anche alla chiara posizione del legislatore nel codice della crisi d’impresa, successivamente entrato in vigore.
Infatti il Codice individua nella continuità aziendale il parametro guida per l’interprete. Si tratta di una scelta di politica legislativa che mira a salvaguardare il tessuto economico nazionale: continuità aziendale significa mantenimento dei posti di lavoro, stabilità fiscale, efficienza del sistema produttivo.

E in più per un’azienda che in un decennio aveva raggiunto la leadership di mercato, legata ad una redditività decisamente positiva. Con l’attuale quantum da riconoscere al Comune (1,5 milioni di euro) il Casinò avrebbe potuto agevolmente rimborsare un debito che si era creato, principalmente, per un’assoluta sproporzione del quantum stesso, di oltre venti volte superiore rispetto a quello attuale, e non, probabilmente, date le performance di mercato, per una “cattiva gestione complessiva della società”, come affermato dalla sopracitata relazione.

Sino a una legge del 2012 il quantum che il Casinò doveva versare al Comune era in continua crescita a prescindere da oggi considerazione aziendale o di mercato. Una situazione assurda. Oggi tale quantum avrebbe raggiunto oltre 70 milioni di euro (a fronte di un fatturato di circa 50 milioni di euro). La legge affermò il principio che invece il quantum diventasse convenzionale, come tutti gli altri casinò nazionali. Ecco perchè a inizio del decennio scorso il Casinò accumulò tutti questi debiti verso il Comune, nonostante un Ebitda sempre largamente positivo.

È evidente che la crisi non era strutturale aziendale e infatti la società attuale, con performance reddituali analoghe (e con fortissime riduzioni di costo nel Comune) ma con un quantum di 1,5 milioni di euro, sta rimborsando un debito creato anche dalla norma precedente al 2012, totalmente disancorata dalla realtà economica.

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