skin

Lo Stato smentisce sé stesso, il CdS pure (e peggio)

16 giugno 2025 - 15:04

La Questione territoriali continua a svilupparsi nell'intera Penisola e peggiora ulteriormente con le ultime pronunce dei più importanti tribunali nazionali.

(Foto: https://pxhere.com/it/photo/855684?utm_content=shareClip&utm_medium=referral&utm_source=pxhere)

(Foto: https://pxhere.com/it/photo/855684?utm_content=shareClip&utm_medium=referral&utm_source=pxhere)

Lo abbiamo scritto più volte, su queste pagine, e lo ripetiamo (purtroppo) ormai da anni, quanto sia evidente - e non solo assurdo - il paradosso che vede lo Stato italiano, attraverso l'Esecutivo di turno, entrare in conflittto con le Amministrazioni territoriali (Regioni e Comuni), che rappresentano le sue stesse diramazioni. Creando, cioè, una guerra contro sé stesso. O, meglio,  lasciando che questo conflitto esploda, si sviluppi e si autoalimenti, nel tempo, senza nulla fare per ricercare una vera soluzione che possa portare a una tregua o, meglio ancora, a una soluzione definitiva. Stiamo parlando, com'è evidente, dell'annosa “Questione territoriale”, con la quale l'industria del gioco, insieme a tutte le istituzioni coinvolte, si trova a convivere ormai da quasi 15 anni, senza che sia stato mai compiuto un passo concreto verso la soluzione. Lasciando le Regioni più o meno libere di legiferare in maniera autonoma, in barba alla Riserva di legge prevista dal Legislatore, e senza alcun freno; se non quelli introdotti progressivamente dai vari tribunali, fino a definire un nuovo perimetro de facto, dal punto di vista regolamentare, in virtù del quale viene consentito alle Regioni di poter intervenire in ragione di tutela della salute pubblica, quale unico ambito per il quale sono legittimate a legiferare in autonomia, grazie ai poteri previsti dalla revisione del Titolo quinto della nostra Costituzione. Anche se nelle maglie di questa competenza, alla fine, si è riusciti più o meno a far rientrare qualunque tipo di strumento limitativo (dalle restrizioni orarie alle distanze dai luoghi “sensibili”), con un semplice rimando alle esigenze sanitarie. Certo, si dirà: gli ultimi governi hanno deciso di affrontare concretamente la materia, introducendo il tema del Riordino del gioco pubblico e in particolare quello attuale, avendo addirittura approvato una legge di delega fiscale che prevede espressamente la messa a terra di questa riforma generale. Ed è un fatto. Peccato però che nel frattempo, in attesa di una quadra che si rivela ancora oggi difficile da trovare, la situazione continui a precipitare. E nel paese continuiamo a vederne di ogni colore. Mentre il governo, attraverso il Ministero dell'Economia, continua a dialogare in varie forme con la Conferenza Unificata, in strada va in scena in Far West: sale chiuse, esercizi multati, iniziative “no slot”. E la criminalità ringrazia, nel trovare nuovi spazi dove introdurre la propria offerta illecita. Per un autentico capolavoro, tipicamente italiano. Nel frattempo però, a suggellare questo scenario distopico, è la recente pronuncia del Consiglio di Stato,  che conferma definitivamente il caos di cui sopra, arrivando addirittura a smentire sé stesso. Accade, come abbiamo spiegato nelle scorse ore, con la pronuncia dello scorso 13 giugno con la quale i digiocidi di Palazzo Spada hanno confermato la validità della circolare applicativa varata dalla Regione Lazio del gennaio 2023 per definire alcuni chiarimenti sulla legge n 5/13, come modificata dalla legge 11 agosto 2022, n°16, con una serie di prescrizioni volte “a interrompere l’eventuale l’immersione compulsiva nel gioco” attraverso orologi, sistemi di diffusione sonora e cartelli informativi da installare nelle sale”.
Visto che, dicono i giudici, la stessa Regione non ha così precluso agli esercenti la “possibilità di ottemperare alle prescrizioni legislative con altre modalità, che saranno di volta in volta valutate dall’Amministrazione”. Peccato però che lo stesso Consiglio di Stato si ero espresso appena poche settimane prima, con la stessa sezione e sulla stessa materia, in modo diametralmente opposto, contestando sia il metodo che la legittimità delle restrizioni imposte dal legislatore regionale, che ora invece vengono riabilitate. Un paradosso, anche questo, che mette ulteriormente in luce non tanto e non solo quanto sia affrontata in maniera superficiale la “materia” gioco pubblico nei tribunali (come in altre istituzioni), quanto più che altro la necessità e urgenza di intervenire con una riforma generale, come dovrebbe essere l'atteso riordino, per dare certezze e stabilità a un mercato che sarà pure complesso e delicata, ad alta sensibilità, ma proprio per questo deve essere gestito in maniera attenta e puntuale. Mentre in questo modo si continua a far vacillare l'offerta legale in balìa degli eventi, e a beneficio dell'illegalità. Diventando impossibile per gli addetti ai lavori programmare investimenti, mantenere attività e anche solo immaginare un futuro di fronte a sé. Ma se salta il sistema, di nuovo, non è un problema soltanto per chi ci lavora, nel gioco.

Altri articoli su

Ti interessa questo argomento?
Registrati all’area riservata e segui i tuoi tag preferiti. Accederai all’elenco di tutti i nuovi articoli che usciranno legati a questi tag.

Articoli correlati