Riordino casinò, l'enigma del silenzio
L'analista di gaming Mauro Natta torna a interrogarsi sulle ragioni che hanno portato il legislatore a non ascoltare il richiamo della Corte costituzionale e intervenire in materia di casinò.
Scritto da Mauro Natta
Foto di Dilip Poddar su Unsplash
Tra le tante cose che non riesco ad assimilare o comprendere, ora che dispongo di più tempo da dedicare a quanto, ed è molto, che in passato mi aveva occupato senza poter giungere a un risultato soddisfacente come, invece, è avvenuto per la questione fiscale, annovero le cause per le quali non abbia trovato seguito l’invito a legiferare che la Corte costituzionale, nel 1985 per la prima volta, rivolse al Parlamento evidenziando chiaramente una legislazione organica in tema di case da gioco.
Già nel 1986, forse in quanto la gestione era diretta, si trovò la composizione fiscale per le entrate che derivavano ai Comuni di Venezia e Sanremo dalle rispettive case da gioco. Ciò avvenne con la L. n. 488, appunto del 1986.
Molte e rilevanti sono le problematiche collegabili con i casinò italiani che, a ben vedere e considerare, procurando agli enti pubblici proprietari e concedenti al tempo stesso il quantum concordato, comportano la necessità di una forma unica di controllo anche per l’interesse della fiscalità generale relativa alle entrate tributarie che discendono dal gioco tramite l’imposta sugli intrattenimenti.
Sicuramente non è l’Isi che potrebbe richiedere la forma unica del controllo come avviene nella vicina Francia ed era stato anche rammentato nei diversi progetti e proposte di legge presentate in Parlamento dal 1992 in poi.
Più di ogni altro fatto mi rimane incomprensibile come una attività come quella del gioco d’azzardo autorizzato sia privo di una specifica legge organica.
Non è sconosciuto che detta attività è resa possibile da una deroga alle norme del codice penale, dall’articolo 718 al 722. Ebbene, questa situazione operativa che, tra l’altro impone che il titolare debba essere l’ente pubblico territoriale come si rileva dalle gestioni delle case da gioco esistenti nel Paese, non sia regolamentata così come avviene con la Police des jeux. E non solo perché, se ben rammento, la legge francese non permette o, forse, non permetteva il privè presente, invece, a Montecarlo.
Non è tanto il fatto che non sia stata emanata una legge organica quanto che si parli della regolamentazione del gioco fisico e non si provveda a ciò che evidenzio mancante.
Se nel lontano 1992 furono presentati molti progetti e disegni di legge mi pare più che normale pormi l’ interrogativo in discorso.