Un tempo ormai lontano leggevo le opere dei poeti ermetici, ora leggo le dichiarazioni difficili da interpretare delle Ooss, in questo caso quanto riporta l’articolo odierno in tema di ripartizione delle mance in occasione del nuovo contratto di lavoro.
“La necessità e l’urgenza di avviare una nuova stagione di confronto tra le organizzazioni sindacali, finalizzata a costruire un nuovo accordo più equo, sostenibile e aderente alla realtà attuale della Casa da gioco”.
E ancora: secondo il sindacato il nuovo impianto si deve basare su due capisaldi: “revisione delle percentuali di partecipazione alle mance e una progressività del diritto alle mance per i nuovi assunti, che consenta un inserimento graduale e rispettoso delle diverse anzianità, del valore, dell’esperienza e delle professionalità consolidata”.
Come scrivevo nel mio precedente sono arrugginito e, per questo, cercherò di interpretare quanto mi rammento delle vigenti disposizioni in materia di mance ai dipendenti tecnici delle case da gioco (croupier) così come li definisce un decreto del 1997. Avendo la possibilità di leggerlo si comprende, oltre ogni limite, che le mance spettano per la disposizione in vigore al personale citato.
Non si può nutrire dubbio alcuno, a mio parere, sul fatto che i croupier, decidano di rinunciare a una parte delle loro spettanze a favore di terzi; ma si tratta di fichi di un altro canestro che mio nonno, con la stessa espressione ma in dialetto ligure, usava per commentare una situazione al di là delle proprie conoscenze a competenze.
I dipendenti tecnici sono i destinatari di una parte delle mance, ovvero al netto di quanto un accordo col gestore e datore di lavoro, devolve a questo ultimo soggetto. La percentuale riferita al quantum devoluto (il termine usato dalla Corte di cassazione in una sentenza) al gestore è perfettamente, come è facile constatare a Venezia, trattabile.
Il regolamento al riguardo della ripartizione delle mance, ai miei tempi e reputo che lo si possa fare anche ora, era un periodo a paga fissa concordata con l’azienda, un altro al 50 percento, un terzo al 75 percento (mi pare) e un ultimo al 100 percento. All’esame di idoneità partecipava un rappresentante dei dipendenti tecnici.
Non mi è semplice comprendere equo, sostenibile e aderente alla realtà attuale della Casa da gioco e neppure a chi o cosa sia riferito. Ma non mi stupisce più di tanto non conoscendo la realtà e il clima.
Per mio conto due sono le certezze desumibili dalla normativa in vigore: con la sentenza 9 marzo 1954, n. 672, e la n. 1775 del 18 maggio 1976 della Sezione lavoro della Suprema corte di cassazione, a proposito di quanto recita in tema della mancia in discorso della quale riporto: “... ad elargire una parte della vincita al croupier e questi a ripartirla con gli altri addetti e il gestore”.
Secondo il sindacato il nuovo impianto si deve basare su due capisaldi “revisione delle percentuali di partecipazione alle mance e una progressività del diritto alle mance per i nuovi assunti, che consenta un inserimento graduale e rispettoso delle diverse anzianità, del valore, dell’esperienza e delle professionalità consolidata”.
Se quanto immediatamente precede si riferisce all’art. 42 del contratto di lavoro e alla percentuale a favore dell’azienda è ammissibile, stante il ricordato precedente del casinò di Venezia e, in ogni caso, ritengo possibile. Se, invece, si riferisce alla dicitura tutto il personale si presenta la necessità di chiarirlo con il datore di lavoro anche per le eventuali possibili implicazioni di natura fiscale e contributiva.
Il patto che attribuisce all’azienda una parte delle mance non è nullo per mancanza di causa dato che il datore di lavoro offre al lavoratore l’organizzazione e l’occasione per riceverle. Si noti la motivazione che si ritrova nell’art. 3, lett. i) del Dlgs n. 317/97 che come lavoratori intende i croupier. Questo decreto armonizza, relativamente a detti lavoratori, l’imponibile ai fini dell’imposta sul reddito a carico del dipendente con quello per in contributi pensionistici a carico dell’azienda.