Una maggiore spinta umanistica nei percorsi formativa e un dialogo strutturato con il mercato del lavoro. Sono due delle direttrici che individuate da Sae Institute, l'Accademia di formazione nelle industrie creative fondata in Australia nel 1976 e oggi presente in 28 Paesi del mondo, tra cui l'Italia, per rispondere alle carenze formative di cui ancora risente il settore videoludico.
L’ambito del gaming, spesso percepito come una nicchia riservata agli esperti, è in realtà molto più vasto e accessibile di quanto si possa pensare. Secondo quanto evidenziato dal Report “I videogiochi in Italia”, stilato recentemente da Iidea, l'Associazione di categoria dell’industria dei videogiochi in Italia, il mercato dei videogiochi nel nostro Paese è in salute e continua a crescere positivamente: ha ampliato il suo pubblico, perdendo quella prerogativa di genere di un tempo e si è integrato con altri media e con altre tecnologie, divenendo più immersivo e richiedendo competenze sempre più specifiche, non solo creative.
"Il videogioco è uno strumento estremamente versatile, in grado di trasformarsi completamente in base al contesto di applicazione", conferma il trend anche Andrea Bonsignore, Ceo e Lead Developer di Faberludum, azienda di sviluppo videogiochi e di formazione specializzata in serious games ed edutainment, "che definisce così il videogioco: possiamo creare esperienze che siano interattive, sociologiche, narrative quanto di abilità, tecnica e logica. Inoltre, è uno dei pochi media creativi che intreccia in maniera così forte discipline tecniche e umanistiche: infatti chi considera il gaming un’attività prettamente legata alle prime, dimentica che ambiti come l’ arte e musica sono pilastri fondamentali per la realizzazione efficace del prodotto”.
UN SETTORE DA OLTRE 2 MILIARDI DI DOLLARI - Nel 2023 il giro d’affari del settore ha superato i 2,3 miliardi di euro, con un trend di crescita del 5 percento rispetto al 2022 e del 28 percento rispetto al 2019, confermando l’Italia tra i primi cinque mercati europei1. La domanda, dunque, è forte e stabile da parte dei consumatori: l'Italia vanta una solida base di appassionati, con 13 milioni di videogiocatori tra i 6 e i 64 anni registrati nel 2023, corrispondenti al 31 percento della popolazione italiana, e con un'età media di 30 anni2. Tuttavia, alla crescita del mercato e alle appropriazioni delle pratiche da parte degli utenti non è corrisposto altrettanta proattività da parte dell’alta formazione, né il videogioco si è liberato di quell’aura di puro passatempo che ha caratterizzato la sua storia sin dagli esordi. Stando alle evidenze ricavate da P+Arts (Partnership in Artistic Research, Technologies and Sustainability), progetto inter Afam
finanziato dall’Unione europea - Next Generation EU (Pnrr) il videogioco porta ancora con sé una connotazione negativa connessa all’idea di una pratica individuale che spinge all’isolamento sociale e alla dipendenza.
L'IMPEGNO DI ACCADEMIE E UNIVERSITÀ, IN ITALIA E NEL MONDO - Ma quali sono stati gli sforzi delle accademie e delle università per promuovere percorsi e offerte formative? Per rispondere a questo interrogativo, all’interno del progetto P+Arts sono stati presentati i risultati della III edizione dell’Osservatorio Qualitativo sull’Industria Videoludica, avviato da Sae Institute nel 2019: l’edizione 2025 si poneva l’obiettivo di mappare l’offerta formativa europea, con un focus sull’Italia. Dopo aver analizzato 150 percorsi di alta formazione (bachelor, master e PhD) nell’area game, l’Osservatorio ha evidenziato come l’offerta italiana si concentri soprattutto su percorsi di primo livello on-campus (sebbene quasi il 28 percento venga erogato in modalità online e blended), ibridi (ossia combinando più competenze) e presenti prevalentemente all’interno di curricula universitari canonici (come informatica e comunicazione), erogati per lo più nelle aree del Nord, con il Sud che rimane “il grande assente”. Inoltre, quasi l’80 percento dell’offerta è proposta da istituzioni private, mentre solo il 23,2 percento da enti pubblici.
Se paragonata al resto d’Europa, l’offerta formativa italiana risulta indecisa rispetto alla verticalizzazione dei programmi. Se da un lato questo potrebbe tradursi in un disallineamento rispetto al mercato del lavoro, dall’altro costituisce una scelta strategica per coprire più richieste, d’accordo con un background formativo multidisciplinare della ‘vecchia scuola’ di professionisti. In Italia, infatti, non esiste una formazione verticale in tema gaming: spesso le proposte formative sono contaminate da una moltitudine di temi e di competenze che non vengono opportunamente sviluppati. Per questo, si dovrebbe investire in uno spazio professionale del game e delle sue declinazioni sul mercato del lavoro, così da rendere possibile la creazione di percorsi verticali di settore, senza limitarsi a ritagli all’interno di percorsi già esistenti.
“Attualmente, in Italia le sfide principali nel settore videoludico riguardano l’andare oltre la cultura del ‘passatempo’, la scarsa valorizzazione da parte del governo, e la necessità di formatori altamente specializzati. Inoltre, l’evoluzione rapida della tecnologia, come l’uso delle IA, rende difficile mantenere aggiornati i corsi formativi", afferma Bonsignore. "Tuttavia, le opportunità sono numerose: l’innovazione nel settore videoludico si estende ad altri ambiti, le competenze sono riconosciute a livello internazionale e potrebbero rilanciare il mercato interno, contribuendo al rinvigorimento dell'economia nazionale”, conclude l’esperto.
COSTRUIRE UN'ADEGUATA OFFERTA FORMATIVA - Sae Institute, a fronte delle principali evidenze emerse dalla presente analisi, ha individuato possibili direttrici e sfide per la costruzione di un'adeguata offerta formativa nel settore. Si dovrebbe partire da una maggiore spinta umanistica nei percorsi formativi: un buon bilanciamento tra componente tecnico-scientifica e umanistica è fondamentale, dato che la progettazione videoludica incarna perfettamente l’ambito Stem, verso cui si tende sempre di più; serve poi un dialogo strutturato con il mercato del lavoro per una proposta più coerente con le esigenze del mercato. L’offerta non deve rispondere alle esigenze delle famiglie e degli studenti, ma del mercato (che ad oggi, in Italia, presenta una forte concentrazione in poche grandi realtà); ma occorre anche un cambio di paradigma verso l’approccio didattico al game: è necessario smettere di considerare il videogame come un medium e iniziare a immaginarlo come un linguaggio, un contesto, un contenitore entro cui costruire.
"In qualità di Lead Developer, nella mia carriera ho visto applicare il gaming ad in ambiti totalmente inaspettati. Nel settore dell’educazione, ad esempio, abbiamo sviluppato soluzioni che hanno permesso ai partecipanti di acquisire nozioni su topic di attualità, come la transizione energetica e la sostenibilità ambientale, con un gioco gestionale dal titolo ‘Can You Renew It?’. In egual modo, abbiamo implementato soluzioni gamificate per formare i dipendenti di un’azienda sull’utilizzo di sistemi di sicurezza per navi o aerei e ci siamo serviti di Unreal Engine per creare tour virtuali di edifici non ancora costruiti, consentendo ai clienti di camminare negli spazi e fornire un feedback immediato", racconta Andrea Bonsignore, che conclude, "con FaberLudum abbiamo avuto modo di sperimentare anche con la realtà aumentata dando vita a esperienze che immergono attivamente l’utente in ricostruzioni del passato e rafforzando, attraverso la gamification, l’apprendimento della storia attraverso delle passeggiate virtuali."