Nella mattinata di oggi, 16 luglio, come previsto, al Tribunale di Como si è tenuta la prima delle due giornate di udienza preliminare del secondo processo sulla gestione del Casinò e del Comune di Campione d'Italia dal 2013 al 2018.
Un'udienza incentrata sulle difese, chiamate a rispondere dell'accusa centrale mossa agli amministratori a fondamento dell'intero procedimento: quella di aver agito con patrimonio netto negativo per più esercizi, sopravvalutando gli asset a bilancio (bancarotta da falso in bilancio) e quindi protraendo indebitamente l'attività.
Il patrimonio netto, a fine 2016, secondo l'accusa, fondata su una denuncia delle curatrici fallimentari, avrebbe dovuto essere negativo per oltre 30 milioni di euro, conseguenza della eliminazione delle presunte sopravvalutazioni, oggetto di contestazione.
Le difese hanno argomentato che, secondo una sentenza dello stesso Tribunale di Como (sezione fallimentare, e quindi "specialista" in bilanci) che ha approvato il piano omologato in continuità, dopo attenta valutazione di tutte le perizie disponibili, viene fissato in circa 70 milioni di euro in positivo il patrimonio netto aziendale nel 2016. Confutando così l'accusa delle curatrici fallimentari. Al punto che anche dall'ultimo bilancio approvato dalla società si può evincere che, nel periodo antecedente alla revocata sentenza di fallimento (anni 2016 / 2017/2018), il patrimonio netto aziendale era largamente positivo. Elemento fondamentale per protrarre l'attività aziendale anche a fronte di perdite consistenti.
Nello specifico si parla del valore pari a 0 del marchio Casinò di Campione, secondo l'accusa delle curatrici, che riprende la perizia del professor Valerio Tavormina, secondo cui "Tali marchi (del Casinò di Campione d'Italia, Ndr) non hanno alcun valore, perché - essendo riferiti all'attività del gioco d'azzardo, che per legge può essere esercitata solo dal Comune - nessuno potrebbe comprarli e neppure usarli se non la Società".
Nei fatti, però, lo sfruttamento commerciale del marchio è legato al cosiddetto "gioco legale", al punto che lo stesso marchio è stato usato indebitamente da siti online esteri, costringendo l'azienda ad agire per il recupero.
Mentre per il calcolo del valore dell'usufrutto del Palazzo, l'accusa sostiene di non poterlo considerare un edificio commerciale, ma un unicum ("un ospedale o una caserma"). Ma, anche qui, nei fatti il Palazzo ha sicuramente una destinazione commerciale. E la stessa azienda è oggi impegnata nella collocazione commerciale degli spazi, come da Piano omologato in continuità.
In più, le difese hanno rilevato come la denuncia delle curatrici fallimentari sia legata ad un fallimento considerato "inesistente" e quindi si tratta, in questa prospettiva, di una denuncia che pertanto non deve essere presente nel fascicolo, anche sotto il profilo formale.
L'udienza riprenderà domani mattina sempre con le istanze delle difese. Non si sa se il giudice si riserverà o meno la decisione, eventualmente poi si andrà a processo.