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Casinò italiani, diritti e doveri del concedente sulla bilancia

07 luglio 2025 - 10:42

L'analista di gaming Mauro Natta esamina il tema dei diritti e dei doveri dei concedenti dei casinò italiani, anche sotto il profilo dei controlli.

Scritto da Mauro Natta
Foto di Tingey Injury Law Firm su Unsplash

Foto di Tingey Injury Law Firm su Unsplash

Non sono del tutto certo ma potrei addebitare a quanto letto ultimamente sul Casinò di Venezia e scritto sulla concessione a una società a capitale pubblico in diverse occasioni, l’ispirazione per quello che vado a narrare.
Il ragionamento parte dalla normalissima aspirazione dell’azionista mirato alla conoscenza, diretta o tramite un organismo che non sia il management aziendale, dell’andamento aziendale della quale, in qualità di proprietario e rappresentante dell’ente pubblico, è concedente della relativa gestione.

Il dovere del concedente, stante la natura giuridica delle entrate che derivano allo stesso dalla gestione della casa da gioco, potrebbe, nel solco di quanto precede, non accontentarsi più del solo controllo sulla regolarità del gioco e degli incassi ma estendere le sue cognizioni, d’altra parte affatto esagerate, al trend della produzione al rendimento degli investimenti.
Trattasi in ultima analisi del legittimo intendimento di chi desidera disporre di uno o più elementi elementi di eventuale discussione in sede di approvazione della situazione semestrale o  del bilancio annuale.

Chiaramente il concedente può imporre la metodologia del controllo e potrà usufruire di tutti i dati e gli elementi che le norme che il disciplinare relativo alla concessione descrive onde poter procedere oltre. 
D’altra parte, ponendo mente al decreto per il quale esiste e opera ogni casa da gioco del Paese, non ritengo si possa criticare una aspirazione come quella descritta da chi rappresenta istituzionalmente l’ente pubblico periferico e il concedente.
Non intende costituire, quella che sto raccontando, una forzatura e neppure la prova della non condivisione totale dell’operato del consiglio di amministrazione, del collegio sindacale e della società di revisione, ma, e si può essere d’accordo nella classificazione, un incremento in ordine degli incarichi istituzionalmente che competono all’ente pubblico proprietario e azionista spesso unico.

Parto dal fatto che nessun tavolo può essere aperto o chiuso senza  la presenza di un rappresentante del concedente, che le mance sono conteggiate tavolo per tavolo, che per trovare il risultato netto del tavolo si includono i contanti cambiati direttamente dai giocatori e le eventuali aggiunte, che l’organizzazione del lavoro può tenere separate le casse che maneggiano o meno i contanti, che le ore di lavoro sono rilevabili dai relativi bordereaux e che tutto l’accennato è disponibile. Non è difficile concludere e credere ad un programma computerizzato tale da produrre ogni possibile elemento atto ad un controllo a posteriori che va ad integrare quello de visu esercitato  nella sala da gioco. Così operando si verifica, a mio avviso, la regolarità del gioco. 

Man mano che procedo a scrivere mi rendo conto che l’idea che sto cercando di esporre l’ho in testa da parecchio tempo.
È verissimo che il concedente non può imporre al concessionario privato come organizzare il lavoro e la produzione, chiaramente il procedimento per l’apertura e la chiusura, anche temporanea, di un tavolo può legittimamente essere compresa nelle norme di cui al disciplinare.
Abbiamo potuto verificare che i dati necessari, inclusi nella normativa di cui sopra, sono sufficienti per un programma come quello ipotizzato. A maggior ragione nel caso di gestione affidata in concessione al privato credo si possa convenire su un controllo come ipotizzato che, a ben vedere, consente una invasione di campo che altrimenti, in quanto concedente ma non certamente azionista, non avrebbe modo di analizzare convenientemente.

Non c’è nulla da eccepire se l’ente pubblico, conoscendo giornalmente l’introito e le mance di quel tavolo, i contanti trovati nelle apposite cassette in dotazione al tavolo e le ore di lavoro singole e complessive, può procedere a ricercare quanto potrebbe essere utile conoscere. Non si può che ammettere, in definitiva, la descrizione numerica della giornata per utilizzarla nello svolgimento delle proprie competenze.
D’altra parte ritengo che nel considerare gli interessi dell’ente concedente, ivi compreso il fattore occupazionale diretto e  dell’indotto, sia un diritto e un dovere irrinunciabili forse, se non soprattutto, nell’interesse generale che, a parere dello scrivente, la normativa di cui alla L. n. 388 del 1986 pare evidenziare.

Concludo con una riflessione: se da una parte il concedente ha il dovere di garantire al concessionario l’equilibrio finanziario della gestione, dall’altra mi pare più che normale l’esigenza del primo soggetto volta a che la gestione sia condotta anche in vista delle legittime aspettative di chi giustamente si riserva il controllo. 
Non può accontentarsi, certamente, dal rientro di quanto pagato per la imposta sugli intrattenimenti!

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