Ho letto e riletto con attenzione l’articolo del 7 luglio così titolato “Ripartizione mance al Casinò di Campione, quattro Ooss recedono dall’accordo” su gioconews.
Non avendo ben compreso, per di più, non conoscendo l’esito dei punti 3 e 4 e la o le motivazioni a conforto della problematica, cerco di esporre alcune considerazioni che ritengo possano interessare.
Inizio, anche forzatamente, dall’art. 42 del contratto di lavoro vigente al Casinò di Campione:
Ripartizione delle mance.
1. Per tutta la durata del presente contratto tutte le mance corrisposte dalla clientela saranno versate dai soggetti percettori alla Casa da gioco.
2. Tutto il personale avrà diritto di partecipare al monte mance nella misura massima del 50% quale compenso proveniente direttamente dai clienti del Casinò.
3. L’importo complessivo delle mance versate dai percettori sarà ripartita dall’azienda sulla base dei criteri che verranno concordati successivamente alla riapertura della Casa da Gioco in conformità a quanto stabilito all’esito della contrattazione tra quest’ultima e le rappresentanze sindacali e/o Ooss firmatarie del presente contratto.
4. L’importo pari al 50% di cui al precedente punto 2 deve considerarsi onnicomprensivo e da sottoporre all’imposta dovuta, null’altro avendo i dipendenti a pretendere nei confronti della Casa da gioco ad alcun titolo o ragione.
Non si potrebbe ammettere, a mio avviso, il disposto di cui al punto 1 per le seguenti ragioni:
Innanzi tutto cosa si intende per tutte le mance? Le disposizioni di legge vigenti pare dispongano, alla lettera i) dell’articolo 3, decreto legislativo n. 314 del 1997 trattano delle mance corrisposte al personale tecnico delle case da gioco (croupier).
Per le mance in parola richiamo le sentenze della Corte di cassazione n. 672 del 1954 e 1776 del 1976. L’imposta da applicare è l’Irpef per il 75% dell’importo percepito nel periodo d’imposta sulla scorta delle relative aliquote.
Si fa presente che, per quanto alla percentuale, il 50% è perfettamente contrattabile, la qualcosa accade in altra casa da gioco italiana, si veda Casinò di Venezia.
Non si può accettare la definizione di compenso e non la si potrebbe ammettere, in occasione del contratto da rinnovare, parlando delle mance di cui al punto precedente.
È certo, manca la provenienza dal datore di lavoro il che non può destare preoccupazione all’azienda, ma assolutamente non si tratta di compenso ma di un uso normativo come individuato dalle citate sentenze.
Il punto 3 non potrebbe essere accettato a causa di quanto si legge nelle sentenze della Corte di cassazione poste all’attenzione. La ripartizione delle mance ai dipendenti tecnici (croupier) avviene in base al regolamento approvato esclusivamente dai percettori. Che possono, a maggioranza, suddividerle a maggioranza, ma senza l’intervento del datore di lavoro.
Si può ritenere che in assenza di una certificazione dell’importo relativo alle mance come sopra descritte ci si pone in una posizione non troppo agevole nei confronti del fisco (1). Si potrebbe correre il rischio per l’azienda e per un pari importo ma ripartito tra gli aventi diritto, questi per l’imposta sul reddito delle persone fisiche. La domanda: quali sono le parti che intervengono a certificare il conteggio delle mance? Ma non è rilevante nelle odierne osservazioni.
Le mance nelle case da gioco le osservo, invece, dal punto di vista del diritto del lavoro per introdurre un argomento non nuovo ma che quanto leggo me lo fa ritenere ritornato di attualità.
Premetto che le mance interessano il rapporto di lavoro solo in quanto sono regolamentate dal contratto di lavoro.
Di regola il fenomeno della mancia esaurisce la sua rilevanza nel rapporto utente del servizio – lavoratore; in tale rapporto la mancia è una attribuzione gratuita.
Assume altra veste quando, come nel caso dei dipendenti delle case da gioco, essa ha peculiari caratteristiche in considerazione delle quali il fenomeno è, o meglio era, compreso nei contratti collettivi o individuali di lavoro quale elemento giustificante una retribuzione di lieve entità.
Con sentenza 9 marzo 1954, n. 672, la Cassazione prendeva in esame il caso specifico dei dipendenti delle case da gioco, concludendo riportandone una parte:
- la mancia assume carattere retributivo quando il contratto di lavoro la include e congloba nel trattamento economico dei dipendenti;
- il patto che attribuisce all’azienda una parte delle mance non è nullo per mancanza di causa dato che il datore di lavoro offre al lavoratore l’organizzazione e l’occasione per riceverle. Si noti la motivazione che si ritrova nell’art. 3, lett. i) del Dlgs n. 317/97.
Mi scuso se ancora una volta ritorno su un argomento che mi ero ripromesso di abbandonare, la definizione delle mance in parola che troviamo nella sentenza n. 1775 del 18 maggio 1976 della Sezione Lavoro della Suprema corte di cassazione, a proposito della mancia ai croupier recita: Il sistema mancia è retto da un uso normativo si ricava dall’indirizzo consolidato della giurisprudenza dal 1954 tanto consolidato quanto idoneo ad assumere un ruolo di fonte secondaria del regime giuridico proprio del particolare rapporto che obbliga il giocatore vincente a elargire una parte della vincita al croupier e questi a ripartirla con gli altri addetti e il gestore...
Mi sono permesso quanto precede in quanto la nota questione fiscale dei croupier mi ha, a suo tempo, impegnato molto e mi ha dato modo di conoscere ciò che riporto e mi pare attinente. Forse il mio passato da dirigente sindacale è intervenuto nella vicenda, anche se parzialmente arrugginito.
Mi consento una ultimissima impressione tra l’altro più che comprensibile: la corsa all’apertura del casinò non ha consentito, o potrebbe non averlo concesso, il tempo per definire l’articolo 42 da ogni punto di vista. Infatti, se non vado errato, si può comprendere che la definizione ultima si rimanda al momento del primo rinnovo contrattuale.
1) Per quanto l’accenno al fisco osservo che, per l’importo spettante al personale tecnico, vige l’Irpef sul 75 percento del percepito, la trattenuta a scopo pensione e, per il datore di lavoro il contributo pensionistico, sull’imponibile uguale alle mance; infatti la normativa di riferimento è nota come il decreto sull’armonizzazione. Non riesco a comprendere come potrebbe essere trattato singolarmente il percepito dal personale amministrativo ed altro non tecnico. Certamente mi si potrebbe addebitare la innata curiosità, non si tratta di una novità assoluta!