Presentata oggi a Roma, nell’Hotel Nazionale, Sala Capranichetta, la ricerca Swg in collaborazione con Brightstar e Formiche, all’interno delle rilevazioni dell’Osservatorio sul gioco pubblico, “Giocare da Grandi”. Stavolta l’analisi ha riguardato il punto di vista di psicologi e psicoterapeuti su “gli italiani e il gioco patologico.
La ricerca esplorativa ha visto protagonisti ben 101 esperti sul tema. L’indagine, pur non essendo rappresentativa su scala nazionale, fornisce uno spaccato realistico e articolato sull’esperienza clinica nel settore. L’indagine quantitativa su psicologi e psicoterapeuti ha visto la realizzazione di 101 interviste somministrate con metodologia CATI (Computer Assisted Telephone Interview) o CAWI (Computer Assisted Web Interview). Il campione è stato stratificato per macroarea geografica e ampiezza del comune in cui il professionista esercita. I dati sono stati ponderati in base alla distribuzione geografica degli iscritti all’albo degli psicologi. L’indagine non può essere considerata rappresentativa dell’universo degli psicologi italiani, ma ha un carattere eminentemente esplorativo.
Il 61% dei professionisti intervistati dichiara di aver avuto almeno un paziente con problematiche legate al gioco. Pochissimo sembra coperto dalle strutture pubbliche, almeno il 3% visto che per l’89% i professionisti lavorano nel proprio studio privato. Il problema si avverte per il 41% in comuni con meno di 100mila abitanti mentre gli esperti sono equamente divisi sul territorio nazionale.
Facendo 100 il numero di pazienti che ha seguito nella sua carriera, quanti, indicativamente presentavano problemi legati ai giochi con vincita in denaro? Il 60% ha presentato problemi col gioco a soldi veri anche se di questa percentuale il 44% ha ricoperto una percentuale del 10% e il resto tra il 10 e il 25%.
Su queste le percentuali in cui le persone hanno prodotto effetti dirompenti sulle famiglie e su se stessi, oltre che dal punto di vista sociale, sono circa 8 su 10.
Nella maggioranza dei casi, non è la consapevolezza personale a spingere i pazienti a chiedere aiuto per problemi legati al gioco. Secondo l’indagine SWG, il 70% dei terapeuti dichiara che il percorso è iniziato su invito dei familiari, mentre il 27% segnala la pressione di amici o colleghi. Nel 42% dei casi, il problema emerge solo in corso di terapia, come elemento collaterale rispetto ad altri disagi.
L’8% dei pazienti si sono resi conto da sli di avere problemi col gioco. Il 10% un episodio che li ha spaventati. Quindi a livello sociale è fondamentale cercare di capire le situazioni di rischio potenziale.
Qual è l’identikit del giocatore? Maschio all’81% col gioco come problematica prevalente al 7% e al 21% insieme ad altre problematiche mentre la metà esatta sono lavoratori. Chi ha problemi economici è meno problematico, al 18% e chi non ha problemi è al 36%, il resto ha le stesse caratteristiche a conferma che il gioco disfunzionale può colpire anche chi dispone di risorse finanziarie. I casi più frequenti riguardano soggetti giovani (al 26%) o adulti per oltre 6 casi su 10, più raramente anziani.
La ludopatia si inserisce spesso all’interno di un quadro clinico complesso. Nell’esperienza dei terapeuti, i pazienti affetti da disturbo da gioco d’azzardo presentano altre forme di sofferenza psichica, in particolare:
- alterazione del sistema della gratificazione (78%),
- depressione (77%),
- uso di sostanze (64%),
- e disturbi ossessivo-compulsivi (62%).
Non trascurabili anche i disturbi del sonno (60%) e la dipendenza da internet (54%).
Un fenomeno in crescita visto che un 62% dei professionisti pensa che negli ultimi 5 anni il fenomeno sia aumentato. Percentuale destinata a crescere per il 70% degli analisti. Secondo il 7% le problematiche, però, sono diminuite.
Si può superare le problematiche legate al gioco tramite la terapia? Secondo l’indagine SWG, solo il 6% dei terapeuti ha assistito a un recupero completo nella maggioranza dei pazienti. La fascia più frequente riguarda miglioramenti tra il 10 e il 25% dei casi, indicata da quasi la metà degli intervistati (46%).
Che conseguenza avrebbe la messa al bando del gioco pubblico in Italia? Un 92% pensa che aumenterebbe il ricorso al gioco illegale e l’82% dei pazienti attualmente in cura vedrebbero acuite altre patologie correlate. Ma i problemi rimarrebbero, solo il 7% crede che scomparirebbero con il divieto del gioco.
Cosa fare quindi? Per il 29% si deve prevenire, educare e informare mentre al 15% è efficace la terapia individuale e all’8 i centri di prevenzione. Un 9% crede che rimuovere le slot dai luoghi pubblici aiutarebbe e per il 4% eliminare la pubblicità del gioco anche se queste due azioni non sembrano aver prodotto effetti positivi. Al 3% c’è come metodo la legalizzazione totale del gioco per controllare meglio. Sulla regolamentazione più rigida e i limiti massimi di gioco vale lo stesso discorso fatto per il divieto di pubblicità e per lo spostamento delle slot dai luoghi sensibili.
Queste le conclusioni: “L’indagine rivolta agli psicologi non aveva un obiettivo di ricostruzione rappresentativa del fenomeno, quanto di fare una prima ricognizione rispetto alla percezione che chi opera a stretto contatto con la popolazione ha della diffusione e della rilevanza dei problemi legati alla ludopatia. Il quadro che emerge dalle interviste è molto chiaro: il giocatore ludopatico è prevalentemente un soggetto multiproblematico che associa ai problemi con il gioco craving, depressione, utilizzo di sostanze psicotrope, depressione, disturbi del sonno, dipendenza da internet. Si presenta dallo psicologo o dallo psicoterapeuta principalmente su sollecitazione di famigliari e amici e, spesso, il problema del gioco non è il motivo chiave che porta inizialmente a chiedere aiuto. Solo una minima parte è inviata in terapia da parte dei servizi territoriali. Un fenomeno in crescita, ma che fatica, proprio a causa della sua complessità, a trovare una soluzione definitiva. Significativo, in particolare, il consenso su quelle che potrebbero essere le conseguenze di una messa al bando totale dei giochi con vincita in denaro: una scelta che non risolverebbe il problema e che, anzi, spingerebbe molte persone verso l’illegalità e l’acuirsi delle altre problematiche psicologiche legate al gioco.”